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La passione della liberta'

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Piccola Filosofia Portatile n. 2 a cura di Myriam Ines Giangiacomo: La sicurezza e l’insicurezza cosa sono? Fatti oggettivi? Opinioni?

 



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Piccola Filosofia Portatile n. 2
a cura di Myriam Ines Giangiacomo
La passione della libertà


Il tema della sicurezza, parola che viene dal latino e significa ‘senza preoccupazione’, è antico e rimanda direttamente alla ‘condizione umana’, alla nostra vulnerabilità originaria, ma acquista realtà come percezione soggettiva. La sicurezza e l’insicurezza cosa sono? Fatti oggettivi? Opinioni? Come spiegare il divario che spesso esiste tra sicurezza reale (misurata statisticamente) e sicurezza percepita?

E quanto più acuta è la percezione collettiva di vulnerabilità, di esposizione a rischi, di scarsità del bene ‘sicurezza’ tanto più si estende la ‘paura sociale’ favorendo l’innalzarsi dei livelli di aggressività nelle relazioni.
Oltre certi limiti, inoltre, la paura ‘infantilizza’ il cittadino rendendolo particolarmente influenzabile dalla propaganda che promette sicurezza.
Come insegna la teoria degli atti linguistici di Austin, il linguaggio non è solo veicolo di trasmissione di informazioni ma è anche un agire attraverso il quale si indirizzano i comportamenti individuali e sociali. Parlare ossessivamente di paura produce una percezione della realtà quasi esclusivamente lungo l’asse paura-sicurezza. Oggi, inoltre, per l’homo videns’ il ‘visibile’, prevale sempre più sull’intelligibile e, di conseguenza, la capacità di astrazione, di comprensione della complessità viene progressivamente meno. Spesso esiste solo quello che si sente e si vede in televisione.
Si innesca così un circolo vizioso: i discorsi e le immagini sulla paura la rendono reale e la paura indotta struttura la società e dà forma alla politica.
Zygmunt Bauman in Paura liquida scrive «La modernità doveva essere un grande balzo in avanti: via dalla paura, verso un mondo liberato dal fato cieco e imperscrutabile, che è la serra di tutte le paure. […] Quella che doveva essere una via di fuga si è rivelata invece una lunga deviazione. […] La nostra è, ancora una volta, un’epoca di paure». Paure che sembrano invadere tutti gli ambiti della nostra esistenza, che rischiano di essere ancora più angoscianti perché più impalpabili, anonime, meno circoscrivibili e localizzabili e quindi meno controllabili, che si traducono in un’insicurezza angosciante.

La dialettica fra paura e sicurezza oggi contraddistingue le organizzazioni internazionali, gli Stati nazionali, i partiti politici e le altre forme associative. Si tende ad affermare una logica particolaristica che rende il gruppo tanto più coeso, e quindi discriminante verso l'esterno e conformista al proprio interno, quanto più alta è la percezione dei rischi presenti nell'ambiente, fino al paradosso di ‘produrre’ i propri nemici, interni o esterni, proprio per esigenze di auto-identificazione e di rassicurazione.

liberta-myriam.jpgMa nessuno può ragionevolmente avanzare la pretesa di eliminare la paura: solo un mondo senza morte, dolore, violenza e ingiustizia sarebbe in grado di liberarsene. Occorre dunque convivere con la paura: lo si può fare lasciando che essa ci sovrasti o riuscendo, in qualche modo, a contenerla, a governarla. Nel primo caso si rimane come inchiodati, assorbiti da essa. Nel secondo, invece, non ci si lascia paralizzare, non si permette che la paura cresca oltre misura e monopolizzi il campo dell’agire politico, anche grazie alla promozione di un ethos pubblico e privato capace di dominarla. Un lavoro lento e faticoso che investe tutti gli ambiti della politica, della società e delle relazioni.

Come nota Elena Pulcini, in questa nuova epoca di paura, consci dell’improduttività degli strumenti - la politica e la tecnica - che avevamo escogitato per esorcizzarla, assistiamo come spettatori attoniti agli eventi minacciosi che sembrano incombere su di noi e rispondiamo o con un «individualismo difensivo e apatico» o con un «comunitarismo tribale», atteggiamenti opposti e coincidenti ad un tempo, poiché entrambi mettono a repentaglio l’obiettivo dell’ordine politico moderno: l’autoconservazione.

Allora per provare a pensare e ad agire oltre la spirale della paura, per cercare di sottrarsi all’asse paura-sicurezza che ogni giorno di più stritola la nostra esistenza e inibisce la nostra capacità di agire nello spazio politico comune che abitiamo, si può provare a percorrere la direzione indicata da Hanna Arendt: iniziare a praticare quella particolare passione che già Tocqueville aveva definito come la ‘passione della libertà’.

Una libertà non intesa come liberazione dalle passioni in nome della sicurezza e dell’ordine (Hobbes) o come garanzia della proprietà privata e possibilità di ritirarsi dallo spazio pubblico (Locke), ma che si configura come virtù eminentemente politica, che agisce nella dimensione relazionale della sfera pubblica, che è manifestazione della possibilità di dare inizio al nuovo, poiché espressione di un desiderio dell’essere umano che non si vede rinchiuso nel privato, paralizzato e atterrito, ma al contrario si mette in relazione con gli altri nello spazio pubblico della Polis.


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